venerdì 4 marzo 2011

«LE RAGAZZE DEL PAPI, UN PRODOTTO CAMPANO»

Claudio Pappaianni, giornalista de “L’Espresso” e autore di un libro sui sexy-scandali del premier, racconta la parabola delle “miracolate” napoletane: da Francesca Pascale a Emanuela Romano, da Giovanna Del Giudice alla “braciulona” Virna Bello


di Alessandro Cenni


Un filo rosso unisce il “Casoria gate” al “Ruby gate” ed è incastrato tra le rocce del Vesuvio. Scandalo, caso giudiziario: Napoli ricorre incessante, tanto nei luoghi quanto nelle protagoniste. Facciamo il punto con Claudio Pappaianni, giornalista de “L’Espresso”, vincitore del concorso internazionale “Giornalisti del Mediterraneo” e coautore, insieme a Peter Gomez, Marco Lillo e Marco Travaglio, del libro Papi. Uno scandalo politico, edizioni Chiarelettere.
Pappaianni, Napoli è una parola chiave negli scandali del premier?
È sicuramente uno snodo importante, se non altro perché il “Papi gate”, dal punto di vista mediatico, parte da lì, dalla festa di 18 anni di Noemi Letizia a Casoria. Veronica Lario decide di rompere il suo matrimonio con Silvio Berlusconi, l’Italia distratta scopre che è governata da un uomo che trascorre serate circondato da decine donne, molte delle quali sono escort di professione. Tutto, dopo la bella intervista di Angelo Agrippa del “Corriere del Mezzogiorno” alla ragazza di Portici che ci fa scoprire che Silvio Berlusconi, nel suo harem, si fa chiamare “Papi”. Un’intervista, quella, che letta oggi è ancora più inquietante: è dettata da una grande ingenuità di Noemi o ricca di messaggi in codici?
Che intende?
Intanto, Noemi è la prima che parla di “Bunga Bunga”, raccontandola come una delle barzellette preferite dal premier (illuminante ed educativa, per una ragazza di 17 anni). Poi, dopo aver raccontato della «scrivania del premier sommersa dalle carte», conclude di voler entrare in politica: «Ci penserà Papi Silvio», disse.
Tutto ha inizio nel 2008?
Il fenomeno delle “Papi girls” è certamente precedente: Berlusconi conosce Francesca Pascale, per esempio, sul finire del 2006, per poi ospitarla in una cena privata sul suo aereo personale dopo una manifestazione a Piazza del Plebiscito a Napoli. Ma i festini circondato da decine di belle donne non sono certo una novità per Berlusconi: nel 1986, stando ad un’intercettazione che abbiamo inserito nel libro, si preparava a festeggiare il Capodanno assieme a Bettino Craxi, in compagnia delle showgirl del “Drive in”. Era l’era Craxi, l’epoca di “nani e ballerine”. Ora ci sono “nani e veline”.
Cos’è cambiato da allora?
Che le “Papi girls” le paghiamo noi. Berlusconi può piazzare una velina di periferia come Francesca Pascale, una che si esibiva su “Telecafone”, in politica. La Pascale è consigliere provinciale, cioè ha un ruolo istituzionale. E così Virna Bello, una Pr di provincia nota come “la braciulona” e anche lei nel gruppo della Pascale, il comitato “Silvio ci manchi”, finita col diventare assessore a Torre del Greco.
Oppure Emanuela Romano, che è stata certamente a Villa Certosa, ora assessore ai Servizi sociali a Castellamare di Stabia. C’è poi Giovanna Del Giudice, ex meteorina con Emilio Fede, divenuta assessore provinciale alle Politiche giovanili e alle Pari opportunità.
C’è una relazione tra il tessuto sociale della nostra regione e le “Papi girls”?
Le inchieste, giornalistiche e giudiziarie, dimostrano che non è una questione legata al disagio sociale ed economico. Certo è che la compagine campana tra le donne che frequentano le residenze di Berlusconi è la più folta. Ma l’anomalia non è la loro presenza nella vita del premier, piuttosto la pioggia di incarichi pubblici che rivestono.
Come lo spiega?
Da un lato può esserci un’eccessiva leggerezza da parte di una persona che non sa chi si mette in casa, un premier che non va troppo per il sottile, che ha corso e corre molti rischi con le sue frequentazioni e che poi deve, in qualche modo, correre ai ripari. Dall’altro è facile dare opportunità a delle ragazze, in una regione che ha un deficit di classe dirigente, specie nel partito di maggioranza relativa. Il partito di Berlusconi in Campania ha il suo coordinatore regionale, Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione camorristica e il suo vice, nonché presidente della Provincia di Napoli e deputato, Luigi Cesaro, che impazza sul web per le sue gaffe e che ha candidamente ammesso di aver avuto rapporti con la Nuova camorra organizzata e con Rosetta Cutolo. Se questo è il punto più alto che oggi il centrodestra campano può esprimere, è evidente che lì, piuttosto che altrove, è facile piazzare veline in ruoli di comando...continua

LA GANG DEL PERCOLATO

Quattordici arresti di funzionari e dirigenti che smaltivano illecitamente i liquami nelle acque costiere. Un’inchiesta che si riallaccia all’emergenza rifiuti del 2003


di Marilù Musto


Chi non ricorda le proteste di Villa Literno, tra il 2003 e il 2004? Mentre era in corso l’ultima guerra di camorra tra i gruppi Tavoletta-Ucciero e Bidognetti, alcuni giovani di nemmeno 20 anni finivano i loro giorni di vita stramazzati al suolo.
C’era una parte del paese fatta di donne con bambini e i loro uomini al seguito che protestava contro gli sversamenti delle ecoballe sul territorio liternese.
«Qui, prima o poi, nasceranno gli alberi blu», dicevano i manifestanti.
E chi non ricorda, invece, il commissario dei rifiuti Corrado Catenacci, che giungeva a Villa Literno, il paese più grande per estensione territoriale di tutta la provincia di Caserta, sulla sua auto blindata, scortata dai carabinieri della locale stazione.
Carabinieri che quando non erano impegnati sull’ultimo morto inchiodato a terra dai killer, erano sul sito di “Lo Spesso” per il servizio di ordine pubblico.
Quando arrivava Catenacci a Villa Literno, in quegli anni, la folla si infiammava. Fino a quando il sindaco del paese, Enrico Fabozzi, parlava con il commissario nella sala comunale.
E ne usciva con un responso: ancora ecoballe a Villa Literno.
In cambio, però, il Governo depurava le acque del paese e stanziava soldi a cascate per rimettere a nuovo la cittadina con una bonifica. In pratica il Governo dava, in cambio della “monnezza” di quasi metà della regione, ciò che il paese doveva ottenere per diritto: acqua pulita e aria salubre.
Dove sono andati a finire i litri di percolato che ristagnavano al margine delle ecoballe di “Lo Spesso”? Un’inchiesta ha fornito una parziale risposta. Perché dopo sette anni, dopo pagine di giornali dedicate allo scandalo rifiuti in Campania e dopo che la “questione Villa Literno” è stata messa a tacere con le cascate di finanziamenti, si è giunti ad un risultato: l’ex presidente della Regione Campania Antonio Bassolino è fra i 38 indagati nell’ambito dell’indagine su presunti reati ambientali.
I numeri dell’inchiesta della Procura napoletana sono altissimi: 14 solo gli arresti eseguiti dai carabinieri del Noe e della Guardia di finanza, tra cui proprio l’ex prefetto Corrado Catenacci e l’ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione civile, Marta Di Gennaro.
Indagato anche l’ex capo della segreteria politica di Bassolino, Gianfranco Nappi e l’ex assessore regionale all’epoca delle giunte “bassoliniane” Luigi Nocera.
L’indagine è la prosecuzione di quella conclusa nel maggio 2008, nota con il nome di “Operazione Rompiballe”, che ha portato all’arresto di 25 indagati per traffico illecito di rifiuti.
Nelle carte vengono riscontrati dalla Procura «gravi indizi di colpevolezza nei confronti di ex uomini politici, professori universitari, dirigenti della pubblica amministrazione e tecnici delle strutture commissariali, che si sono avvicendati al Commissariato per l’emergenza rifiuti della Regione Campania dal 2006 al 2008 che, in qualità di responsabili del processo di smaltimento del “percolato” prodotto dal sistema regionale, utilizzavano gli impianti di depurazione di acque reflue della Regione Campania, contribuendo all’inquinamento del tratto costiero del litorale napoletano».
In pratica, nel corso delle indagini che hanno portato all’arresto delle 14 persone accusate di associazione per delinquere, truffa e reati ambientali, è stata accertata l’esistenza di un accordo illecito tra pubblici funzionari e gestori di impianti di depurazione campani, che ha consentito, per anni, lo sversamento in mare del percolato (rifiuto liquido prodotto dalle discariche di rifiuti solidi urbani), in violazione delle norme a tutela dell’ambiente.
Il percolato veniva immesso senza alcun trattamento nei depuratori dai quali finiva direttamente in mare, contribuendo ad inquinare un lunghissimo tratto di costa della Campania, dal Salernitano fino al Casertano.
Non a caso, l’ordinanza di custodia in carcere, scattata il 28 gennaio scorso, ha raggiunto anche i manager della società Hidrogest, Gaetano De Bari e Claudio De Biasio...continua

PD, CHE BRUTTO AFFARE LE PRIMARIE

Dopo il triste spettacolo delle consultazioni napoletane, la base del partito ci ripensa: «Qui ci vogliono regole, far votare tutti significa andare al massacro»


di Francesco Falco


Dell’esito, incerto, interessa parlare fino a un certo punto. Perché tra le accuse di brogli, di voti comprati per una manciata di euro nelle zone più povere della città, tra veti e parziali distensioni, definire pasticcio questa storia è a dir poco eufemistico. Se ne sono accorti anche ai piani alti del partito, captando l’amarezza di iscritti e militanti che hanno visto le primarie per il candidato sindaco del Pd a Napoli trasformarsi in una guerra interna logorante e manifesta.
Fiutati i pericoli, è stato il segretario nazionale Pierluigi Bersani, nei giorni successivi alla vittoria contestatissima di Andrea Cozzolino contro Umberto Ranieri e Libero Mancuso, a inviare a Napoli Andrea Orlando, in veste di commissario, con il compito di sciogliere un nodo che rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. Del resto, era stato lo stesso segretario regionale Enzo Amendola, durante l’assemblea nazionale del partito, ad esprimersi con questi toni: «Senza retorica vi chiedo scusa per quanto è accaduto: siamo una comunità legata da un impegno e una lotta comune e per questo le mie scuse sono segnate da amarezza e inquietudine».
Un sentimento di disaffezione che serpeggia in maniera evidente tra la base del partito, covato già da tempo e ribadito da chi sconfessa, a larghissima maggioranza, i risultati della consultazione, come segnalato da un sondaggio de “la Repubblica Napoli”, secondo il quale solo l’11% ritiene credibile il dato uscito dalle primarie.
E ora? Dopo la parziale retromarcia di Cozzolino, i nomi rilanciati come quello di Raffaele Cantone e Luigi De Magistris sembrano suggerire la figura di una personalità trasparente e affidabile, capace di ricompattare iscritti e simpatizzanti intorno a una figura di rinnovamento. Ma Cantone pare proprio non aver voglia di lanciarsi in una sfida elettorale simile, e la palla ripassa in mano alla politica.
Certo, ci si guarda bene dal prendersela con il mezzo primarie, un mero strumento in mano a chi lo usa peculiarmente e non senza distorsioni. Come quelle segnalate da Renato Natale, chiamato in veste di commissario a rilanciare il Pd di Casal di Principe, in uno dei tanti paesi della provincia di Caserta dove il maggiore partito del centrosinistra mostra enormi segnali di difficoltà.
«Per come vengono organizzate, io non credo alle primarie. Se fossero programmate con gli iscritti, beh sì; ma in alcune realtà è evidente che l’avversario politico è tentato di intervenire per far vincere il candidato più debole, per poi batterlo più agevolmente alle elezioni.
Non si può – continua Natale – scimmiottare altri Paesi senza la stessa storia, senza poi considerare criticità come la compravendita di voti o altre distorsioni». E sulle primarie napoletane, rincara: «La frattura interna crea perplessità a persone come me e altri: il centro del dibattito è sempre sull’organigramma, su chi fa che cosa, e non su temi concreti come la sicurezza sul lavoro, l’ambiente, la lotta alle illegalità».
Sulla scelta, “laica”, di accettare l’incarico di commissario del Pd locale, conclude: «Ho deciso di fare il commissario sulla spinta di una serie di amici e compagni di Casal di Principe, per ricostruire un minimo di attività politica che era sparita, cercando di riavvicinare quelli che si erano allontanati, che erano trasmigrati nel volontariato, ma il mio è soltanto un ruolo locale».
La pressoché unanime condanna dello spettacolo negativo offerto dal Pd giunge anche da Raffaele Vitale, giovane segretario del Pd di Parete: «Cose del genere allontanano le nuove generazioni dalla politica: il risultato è quello di ottenere l’effetto inverso. Calare le primarie senza un regolamento che tuteli tutti, in una realtà complessa come la nostra, vuol dire andare al massacro, se non ti doti di uno strumento di garanzia efficace»...continua