giovedì 30 dicembre 2010

SOLO UN POVERO ARTISTA…

Peppe Barra, cantore e testimone della cultura europea, racconta il suo disagio nell’Italia di oggi: «Mi vergogno quando calunniano la gente di Terzigno»


di Valentina Sanseverino



Dall'esordio in teatro a soli tre anni all’ultimo spettacolo – in ordine di tempo – in cartellone a Caserta. Dalla “Nuova Compagnia di Canto Popolare” alla carriera da solista, dal cinema alla tv.
Peppe Barra, l’artista che ha esportato la grandezza della cultura napoletana in tutto il mondo, si racconta dalle pagine del nostro giornale. E ci tiene a mandare un messaggio preciso e chiaro a tutti: «Ascoltate la voce del popolo di Terzigno!».
Maestro, torniamo indietro con la memoria, a oltre sessant’anni fa. Come è iniziato tutto?
In famiglia si respirava aria di palcoscenico fin dalla mia nascita e anche prima (il padre, Giulio, era artista di varietà; la madre, Concetta, indimenticabile icona del teatro partenopeo, ndr). A tre anni la maestra Zietta Liù mi scelse per una piccola parte in una rappresentazione della fiaba di Pollicino. Da lì sono arrivate le scuole di recitazione e canto, le prime rappresentazioni, i primi ruoli importanti.
Lei ha interpretato tutte le maschere del teatro partenopeo, da quelle della Cantata dei Pastori a Pulcinella, ma non solo. Da Nerone a don Chisciotte, dalle commedie di Goldoni a quelle di Molière. C’è un personaggio che ha particolarmente amato?
Li ho amati tutti, con la stessa passione. Se dovessi proprio sceglierne uno sarebbe senza dubbio Mr. Peachum ne L’opera da tre soldi di Brecht (a fianco ad Elio delle Storie Tese, ndr). Sì Mr. Peachum è forse quello che più ho amato.
E tra gli uomini che non recitano, quelli della vita reale? Qual è stato l’incontro più importante della sua vita?
Ho conosciuto artisti e uomini eccezionali: Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman, Fabrizio De André, Roberto Benigni. Ma Marcello Mastroianni è stato sicuramente l’uomo più sconvolgente che ho incontrato.
Ancora più della sua grandezza come attore, era la luminosità che sprigionava a renderlo speciale: ti lasciava a bocca aperta. Poi col tempo imparai a conoscere anche la sua infinita umiltà, la sua intelligenza brillante…
Era un uomo vero, generoso, umile, non per modo di dire: era pieno di luce.
E poi, naturalmente, il mio grande amico Nino Rota. Nino era il musicista più grande che abbia mai conosciuto, era un personaggio interessante, ma sopratutto un vero amico. E basta.
Lei è tra gli autori e attori teatrali più prolifici al mondo, eppure ha trovato sempre spazio per dedicarsi alla musica, senza disdegnare
anche qualche apparizione in tv.

L’amore per il teatro non dà tregua né tempo per dedicarsi ad altro. Anche quando sono andato in tv, la prima volta nel 1987, con Serata d’onore, un omaggio a De Filippo con lo stesso Eduardo, Gassman e, appunto, Mastroianni, è stato sopratutto per portarci le mie opere teatrali. Non amo molto la tv, ma aiuta tanti bravi giovani a venire fuori: come Valerio Mastandrea, un attore che apprezzo molto. La tv va bene per questo e poco altro. Diverso è il discorso per la musica: da quando ho iniziato con la “Nuova Compagnia di Canto Popolare” mi sono appassionato al modo in cui la musica si sposa con il teatro: con loro ho girato tutto il mondo cantando in napoletano e l’amore del pubblico ci ha accolto bene ovunque, anche se non tutti capivano la lingua. Poi c’è stato “Peppe & Barra”, il Premio Tenco, l’incontro con De André (che gli chiese di interpretare Bocca di Rosa in napoletano e la inserì nell’Lp Cani Randagi, ndr) e l’inizio della mia carriera da solista, che mi regala ancora tante belle soddisfazioni ...continua

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